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Perché processare la Rivoluzione Francese: accusa e difesa

Edizione numero 23 del Processo, l’evento già in passato aveva fatto i conti con una rivoluzione. Era
quella Russa messa sotto torchio in occasione del centenario dell’evento. E se volessimo fare i
sofisticati si potrebbe dire che il tema era stato sfiorato anche in occasione del Processo del 2015
quando alla sbarra ci finì il 68, da alcuni definito rivoluzionario. Ma senza aprire un dibattito su
quest’ultimo tema, è quella Francese al centro del contendere. Tra l’altro tra due numeri uno in fatto
di dibattito storico-politico. Queste alcune loro anticipazioni.

Secondo l’accusatore Carlo Galli, “La rivoluzione francese è altamente divisiva. Non soltanto divide
la modernità dall’era contemporanea ma è divisa in sé stessa, in quanto non è una sola rivoluzione
ma un insieme di rivoluzioni”. Secondo il politologo è stata troppe cose messe insieme: liberale e
totalitaria, continua e discontinua con la storia, ha affermato libertà e fraternità e il loro contrario.
“L’insieme di queste contraddizioni e il coinvolgimento della rivoluzione nella dialettica di principi e
circostanze, di potere costituente e potere costituito, consente di elevare contro di essa molteplici
capi d’accusa, che sono anche considerazioni critiche sul nostro tempo, dato che nella rivoluzione si
sono manifestate forze e ideologie politiche dal cui peso non ci siamo ancora liberati”.

Diverso il punto di vista del difensore Antonino De Francesco, secondo il quale puntare il dito
contro la Rivoluzione Francese significa accusare i principi fondativi della cultura europea e
occidentale. “Per la rivoluzione francese vale quello che un deputato alla Convenzione, a qualche
settimana appena dall’eliminazione di Robespierre, disse del Terrore: non si poteva fare il processo a
quella stagione politica, perché avrebbe voluto dire processare tutti loro. Ecco, anche per il 1789 e
per tutti i suoi sviluppi, inclusa la stagione del governo dell’anno Il, dovrebbe valere la stessa
considerazione scandita dal convenzionale Thuriat: fare il processo alla rivoluzione francese significa
fare il processo a noi stessi. In fin de’ conti, il 1789, nella nostra Europa, con le sue parole d’ordine di
libertà e di uguaglianza, dovrebbe essere una data condivisa, perché l’alba di un nuovo mondo che
pur tra molte difficoltà è ancora vivo”.

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